Il disturbo da accumulo, inserito nel 2013 nel Diagnostic Statistic Manual of mental disorders-quinta edizione (DSM-5; APA, 2013) è una patologia caratterizzata da una difficoltà persistente a liberarsi degli oggetti. Il disturbo da accumulo ha una prevalenza stimata del 5% nella popolazione, ed è associato a significativo distress, intense emozioni negative e compromissione cognitiva, sociale e funzionale. Lo studio dei fattori eziologici e di mantenimento del disturbo ha portato alla presentazione di un modello cognitivocomportamentale del disturbo da accumulo (Frost & Steketee, 2014b) e, in parallelo, allo sviluppo di un protocollo multidimensionale per il trattamento dell’hoarding disorder, il quale si è rivelato efficace nel trattare soprattutto alcune componenti del disturbo, tra cui la difficoltà a disfarsi degli oggetti, l’ingombro e l’eccessiva acquisizione (Tolin et al., 2015). Alcuni elementi del trattamento, tuttavia, presentano dei limiti: ne è un esempio l’esposizione, che viene effettuata con tecnica immaginativa e, in un passaggio successivo, anche in vivo; l’esposizione in immaginazione consente alla persona di affrontare le emozioni negative legate al gettare l’oggetto, riducendone l’intensità durante l’immaginazione e permettendo alla persona di abituarvisi, prima di disfarsi dell’oggetto in vivo. Nonostante l’efficacia del protocollo, si verificano numerosi drop-out associati all’esposizione in immaginazione, in quanto è possibile per il paziente evitare di visualizzare mentalmente nel dettaglio la situazione temuta di gettare l’oggetto, che sarebbe accompagnata da emozioni negative; ciò comporta, tuttavia, un’intensa attivazione emotiva negativa nel passaggio successivo di esposizione in vivo, in cui i pazienti spesso decidono di abbandonare la terapia (St-Pierre-Delorme & O’Connor, 2016). Nel primo capitolo della presente ricerca viene effettuata una panoramica delle caratteristiche diagnostiche del disturbo da accumulo, delle comorbidità e diagnosi differenziali, oltre che della sua valutazione e delle tecniche attualmente utilizzate per trattarlo.
Per migliorare l’efficacia del trattamento, è importante l’indagine di tecniche alternative all’immaginazione per l’esposizione graduale che conduce a quella in vivo. Tra queste, la realtà virtuale si è dimostrata un’opzione promettente per permettere agli individui di visualizzare ed interagire con una situazione ansiogena, che provoca un’attivazione negativa, ma all’interno di un ambiente controllato, protetto e realistico (Riva, 2009). Il secondo capitolo della presente tesi è dedicato ad evidenziare le caratteristiche principali della realtà virtuale applicata alla psicologia clinica e, più nello specifico, al disturbo da accumulo.
Da queste premesse, il presente progetto di ricerca si è posto l’obiettivo di confrontare l’efficacia di un trattamento con l’utilizzo della tecnica immaginativa con un’esposizione con tecnologia virtuale, per indagare le differenze tra le due condizioni sperimentali in termini di discarding (il disfacimento degli oggetti), ma anche di caratteristiche di stato e tratto (tra cui l’ansia, la reattività emotiva, la disregolazione e il distress emozionale e l’affettività positiva e negativa) su un campione non clinico. A questo proposito, nel terzo capitolo della presente tesi sono stati descritti gli scopi, la metodologia, i risultati e le conclusioni di questa ricerca.
Lani, F (2023) Realtà virtuale nel disturbo da accumulo: studio su un campione non clinico. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA
https://thesis.unipd.it/bitstream/20.500.12608/48656/1/Lani_Francesca.pdf
This thesis cites AULA virtual reality test as an attention measure: Convergent validity with Conners’ Continuous Performance Test
Este proyecto ha recibido financiación de la Unión Europea del programa de investigación e innovación
Horizon 2020 bajo el acuerdo Nº 733901
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